Il Fisco fornisce chiarimenti sulla disciplina agevolativa in materia di conversione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE. La facoltà di conversione è riconosciuta alle “società” che presentino perdite fiscali o eccedenze ACE non ancora computate a riduzione dell’imponibile. Tra i beneficiari rientrino tutte le società, a prescindere dal settore in cui operano. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 28 giugno 2021, n. 44/E) La nuova disciplina agevolativa riguardante la trasformazione in crediti d’imposta delle “attività per imposte anticipate” (DTA) – relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE – a seguito della cessione di crediti pecuniari verso debitori inadempienti (art. 44-bis, decreto-legge n. 34/2019) dispone che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori considerati inadempienti (secondo cui, in particolare, “si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto”) può trasformare in credito d’imposta le DTA – anche se non iscritte in bilancio – riferite ai seguenti componenti:
(i) perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile, alla data della cessione;
(ii) importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto (le c.d. eccedenze ACE), non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione.
Ai fini della predetta trasformazione, la norma prevede i seguenti limiti:
– i componenti descritti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti;
– i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro (per ciascuno degli anni 2020 e 2021), determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate (rispettivamente, entro il 31 dicembre 2020 e il 31 dicembre 2021) dalle società tra loro legate da rapporti di controllo, e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.
La trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti; inoltre, a decorrere da tale data, per il cedente:
a) non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta;
b) non sono deducibili, né fruibili tramite credito d’imposta, le eccedenze del rendimento nozionale relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta in base alle stesse disposizioni.
I crediti d’imposta derivanti dalla predetta trasformazione non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione o mediante cessione,o mediante richiesta di rimborso.
Inoltre, è previsto che i crediti d’imposta, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorrono alla formazione del reddito d’impresa, né della base imponibile IRAP.
Infine, per avvalersi della facoltà di conversione è necessario esercitare (o aver già esercitato) l’opzione tramite la comunicazione da trasmettere entro la chiusura dell’esercizio successivo a quello di efficacia della cessione dei crediti deteriorati.
Il canone, qualora dovuto, è pari all’1,5 per cento dell’importo delle DTA convertibili in crediti di imposta eccedente rispetto alle imposte versate e deve essere corrisposto annualmente a partire dall’anno di efficacia della trasformazione fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2030.
Ciò premesso, con riferimento alla norma in esame si forniscono i seguenti chiarimenti riguardanti aspetti sia sostanziali che procedurali della disciplina. In primo luogo, con riferimento al profilo soggettivo della misura, va precisato che tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione rientrano anche le società che operano nel settore industriale.
La facoltà di conversione è riconosciuta alle “società” che presentino perdite fiscali o eccedenze ACE non ancora computate a riduzione dell’imponibile.
Il riferimento generico della norma alle “società”, senza ulteriori precisazioni, fa ritenere che tra i beneficiari rientrino tutte le società, a prescindere dal settore in cui operano. Sul tema, si fa presente altresì che,l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di precisare in passato che rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione della misura, oltre alle “società”, anche tutti quei soggetti equiparati, ai fini fiscali, alle società di capitali.
Per quanto concerne il profilo oggettivo della misura, si rendono opportuni chiarimenti con particolare riferimento alla definizione di “inadempimento”, al fine di individuare i crediti la cui cessione assume rilevanza per la trasformazione delle DTA in crediti d’imposta. In proposito, si fornisce una specifica definizione di “debitore inadempiente” (necessaria per individuare quei crediti la cui cessione, a titolo oneroso, costituisce il presupposto per operare la trasformazione delle DTA in crediti d’imposta e conseguentemente per determinare il quantum delle DTA trasformabili), stabilendo, come già anticipato, che “si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto”.
La sopra riportata definizione di “inadempimento” connota – agli effetti della medesima norma – tale situazione in termini oggettivi, individuandola nel mancato pagamento che si protrae per oltre 90 giorni dalla scadenza.
Tale definizione implica necessariamente, come proprio presupposto logico, l’esistenza di un rapporto creditorio specifico e, come proprio riferimento, le circostanze che il debitore non abbia pagato alla scadenza e che non abbia adempiuto nei 90 giorni successivi.
Ciò comporta che l’inadempimento debba intendersi riferito al singolo credito e, dunque, alla posizione del debitore limitatamente a quel singolo rapporto, così escludendo che un unico credito non adempiuto nei 90 giorni dalla sua scadenza renda tout court inadempiente il debitore in relazione alla generalità dei suoi rapporti nei confronti sia di quel medesimo creditore sia degli altri creditori.
Altro aspetto su cui occorre fare chiarezza riguarda le modalità di determinazione della base di commisurazione del canone eventualmente dovuto per effetto dell’opzione e, in particolare, se considerare anche le imposte anticipate calcolate sulle svalutazioni dei crediti, riprese a tassazione. Al riguardo si ritiene che queste ultime non debbano essere considerate.
Ulteriore chiarimento da rendere in questa sede, riguarda l’eventualità che il contribuente provveda ad una trasmissione tardiva (oltre il 31 dicembre 2020) della comunicazione finalizzata all’esercizio dell’opzione in assenza di obbligo di versamento del canone.
Si ritiene che in caso di mancato invio nei termini della predetta comunicazione, il contribuente possa avvalersi dell’istituto della cd. remissione in bonis, sempreché risulti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle disposizioni di riferimento, alla data originaria di scadenza del termine previsto per il perfezionamento dell’opzione (vale a dire il 31 dicembre 2020), ed abbia tenuto, successivamente alla cessione dei crediti, un comportamento coerente.
A tal fine, il contribuente può esercitare l’opzione prevista anche in un momento successivo al termine previsto – purché entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile – mediante l’inoltro della comunicazione alla PEC della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente, ed il versamento della sanzione in misura fissa pari a 250 euro.