Il legale rappresentante della società è preposto alla gestione della società e come tale obbligato a garantire la sicurezza sul lavoro; risponde, dunque, solidalmente con la società stessa in sede di regresso nei confronti dell’istituto previdenziale ove si accerti la responsabilità nell’accadimento dell’infortunio (Corte di Cassazione – Sez. VI civ. – Ordinanza 07 dicembre 2021, n. 38882). Nel caso di specie, la Corte di appello di Perugia, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto l’azione di regresso proposta dall’INAIL nei confronti della società s.r.l. e del legale rappresentante della medesima società.
La Corte territoriale rilevava che il datore di lavoro doveva ritenersi responsabile dell’infortunio sul lavoro del dipendente, risultando provata l’omissione delle tutele di sicurezza nonché la violazione di specifiche norme antinfortunistiche; che il legale rappresentante della società aveva patteggiato, in sede penale la pena per il reato di lesioni colpose aggravate e ottemperato alle prescrizioni impartite dalla U.S.L. n. 2 in ordine alla sicurezza degli impianti; che non vi erano elementi per ravvisare una responsabilità esclusiva o concorrente del danneggiato, il quale non aveva adottato alcuna condotta abnorme o imprevedibile; che, pertanto, doveva ravvisarsi la responsabilità penale del legale rappresentante della società di cui rispondeva, a fini civilistici e quindi a titolo di regresso il datore di lavoro ossia la s.r.l.; che nessuna responsabilità personale poteva ravvisarsi a carico del legale rappresentante in quanto il datore di lavoro era una società di capitali, centro autonomo di imputazione giuridica, né risultava dedotta, dall’INAIL, una responsabilità specifica del rappresentante.
Avverso la sentenza l’INAIL ha proposto ricorso, per Cassazione, ritenendo che la Corte territoriale ha, erroneamente escluso la responsabilità del legale rappresentante della società di capitali, datrice di lavoro, nonostante dal rapporto organico dello stesso con la persona giuridica (e in assenza di una valida delega in materia di prevenzione) conseguisse la posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori.
Il ricorso è manifestamente fondato. La Suprema Corte ha già escluso la qualifica di terzo rispetto al rapporto assicurativo sociale, ai fini dell’azione di regresso da parte dell’INAIL, sia per i dipendenti dell’imprenditore, in quanto interni al rischio aziendale, sia – a maggior ragione – per il legale rappresentante della società di persone, datrice di lavoro, il quale è legato alla società da un rapporto organico, ed è quindi l’organo attraverso il quale la società ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza sul lavoro. In particolare, la Corte ha affermato che il legale rappresentante della società è preposto alla gestione della società e come tale obbligato a garantire la sicurezza sul lavoro; il legale rappresentante della società quale preposto alla gestione della società, risponde, dunque, solidalmente con la società stessa in sede di regresso nei confronti dell’istituto previdenziale ove si accerti la responsabilità nell’accadimento dell’infortunio. Anche recentemente è stato affermato che la speciale azione di regresso spettante all’INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso tutti i soggetti che, chiamati a collaborare a vario titolo nell’assolvimento dell’obbligo di sicurezza in ragione dell’attività svolta, siano gravati di specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio; dunque, anche il legale rappresentante che (in assenza di specifiche deleghe sulla sicurezza) operava come responsabile dell’organizzazione produttiva all’interno dell’ambiente di lavoro, ingerendosi in concreto nella stessa, aveva assunto la relativa responsabilità nel contesto aziendale. Invero, l’azione di regresso presuppone la responsabilità del datore di lavoro il quale, in base alla definizione fornita dall’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2008, è il “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione della stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
Nel caso di specie, la Corte territoriale, ha accertato la responsabilità della società che non ha adottato i sistemi di sicurezza idonei ad evitare il grave infortunio sul lavoro concernente il dipendente e, in particolare, ha accertato in via incidentale la responsabilità penale del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla tutela del lavoro; non essendo emersa la delega delle funzioni relative alla sicurezza sul lavoro a specifico preposto, rispondono in via solidale – in via di regresso – la società e il legale rappresentante.
Il ricorso va dunque, accolto.