Le sentenze di rigetto, configurando una pronuncia di merito, vanno assoggettate a imposta di registro, secondo il principio fissato dall’articolo 37 del Tur (Agenzia Entrate – risposta 25 marzo 2021, n. 211). Sono soggetti all’imposta di registro “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato”. A riguardo l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non tutti i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso, ma solo quelli che intervengono nel merito del giudizio, a conclusione di una controversia che si è instaurata e che il giudice è chiamato a risolvere. Pertanto, l’obbligo di registrazione sussiste tutte le volte in cui il giudice si pronuncia in merito a questioni di diritto sostanziale portate alla sua conoscenza da attore, convenuto e terzi interventori. Con riferimento ai provvedimenti di rigetto occorre osservare che gli stessi configurano pronunce di merito in quanto il giudice, rigettando la pretesa fatta valere in giudizio, dispone in ordine alle questioni di diritto sostanziale. Detto questo, alla luce delle suesposte considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le sentenze di rigetto, configurando una pronuncia di merito siano da assoggettare ad imposta di registro.