La violazione dei criteri stabiliti in sede di contrattazione collettiva per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione comporta, per il lavoratore ingiustificatamente sospeso, non il diritto alla riammissione in servizio, bensì il solo diritto al risarcimento del danno, in misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione del rapporto ed il trattamento di cassa integrazione corrisposto nello stesso periodo, con l’assoggettamento del diritto alla prescrizione ordinaria decennale e non alla prescrizione breve quinquennale (Corte di Cassazione, sentenza 20 aprile 2021, n. 10378) In riforma della decisione resa dal Tribunale di prime cure, una Corte di appello territoriale aveva accolto la domanda proposta da un lavoratore nei confronti della Società datrice di lavoro, avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del suo collocamento in Cigs, con sospensione a zero ore, e la condanna della Società al pagamento della differenza tra la normale retribuzione di fatto ed il trattamento percepito a titolo di integrazione salariale, oltre al danno non patrimoniale nella componente biologica, esistenziale, morale e professionale.
Ad avviso della Corte territoriale, non era fondata l’eccezione proposta dalla Società circa l’assoggettamento a prescrizione breve, anziché ordinaria decennale, della pretesa azionata dal lavoratore. Altresì, non rispondeva al vero che la sospensione avesse coinvolto tutto il personale dipendente con la medesima professionalità del lavoratore istante, conseguendone la lesione degli interessi del medesimo.
Ricorre in Cassazione avverso tale decisione la Società, lamentando principalmente la non conformità a diritto del pronunciamento della Corte di merito in ordine al regime di prescrizione applicabile e asserendo che la disapplicazione del provvedimento di concessione della CIGS avesse determinato la riviviscenza dell’originaria obbligazione retributiva con applicazione del regime comune della prescrizione breve.
Per la Suprema Corte il ricorso non merita accoglimento.
Secondo consolidato orientamento di legittimità, la violazione dei criteri stabiliti in sede di contrattazione collettiva per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione comporta, per il lavoratore ingiustificatamente sospeso, non il diritto alla riammissione in servizio, versandosi in tema di “facere infungibile” fuori della sfera operativa dell’art. 18 della L. n. 300/1970, ma solo il diritto al risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione del rapporto ed il trattamento di cassa integrazione corrisposto nello stesso periodo (da ultimo, Corte di Cassazione 4 dicembre 2015, n. 24738), derivandone l’assoggettamento del diritto alla prescrizione ordinaria decennale e non alla prescrizione breve quinquennale (da ultimo, Corte di Cassazione, sentenza 15 aprile 2019, n. 10483).