In caso di errata indicazione dell’indirizzo in fattura e consegna al committente/cessionario oltre i termini (nella fattispecie dopo tre anni dall’emissione), non è possibile emettere una nota di variazione per correggere l’errore con l’emissione di una nuova fattura. Il cessionario/committente può registrare la fattura nell’anno di ricezione ed esercitare il diritto di detrazione entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale del medesimo anno di ricezione. Qualora detto termine sia decorso è possibile far valere la detrazione presentando una dichiarazione integrativa a favore entro il quinto anno successivo. (Agenzia delle Entrate – Risposta 17 dicembre 2021, n. 832). La questione esaminata dall’Agenzia delle Entrate riguarda le modalità di correzione di una fattura errata e la possibilità di esercitare il diritto di detrazione da parte del committente che abbia avuto conoscenza della fattura dopo tre anni dall’emissione. L’emissione di note di variazione è lo strumento principale e generale al fine di porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate osserva che le fatture risultano emesse nel 2017 (momento della spedizione), l’imposta risulta esigibile e l’operazione si ritiene effettuata nel medesimo periodo d’imposta.
Nella fattispecie le fatture sono state emesse nel 2017, tuttavia, a causa dell’indirizzo errato, non sono state recapitate al committente, che è venuto a conoscenza dell’esistenza delle fatture dopo tre anni (a seguito della procedura di recupero del credito da parte dell’emittente).
In proposito, il contribuente chiede:
– quale sia il momento in cui il committente ha diritto ad esercitare la detrazione Iva;
– se sia possibile emettere una nota di credito a storno totale dell’errata fattura (o nota di variazione in diminuzione), con diritto alla detrazione dell’imposta, al fine di riemettere la fattura con data attuale.
In particolare, in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione, la variazione in diminuzione può essere operata solo a fronte di una fattura emessa e regolarmente registrata, entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile.
Riguardo all’esercizio della detrazione da parte del committente, esso è subordinato all’esistenza di un duplice requisito:
– quello “sostanziale”, rappresentato dall’effettuazione dell’operazione;
– quello “formale”, rappresentato dal possesso di una valida fattura d’acquisto.
La coesistenza di tale duplice circostanza assicura l’effettività dell’esercizio del diritto alla detrazione, e la neutralità dell’imposta per il soggetto passivo cessionario/committente.
Ne deriva che il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione, (sostanziale) dell’avvenuta esigibilità dell’imposta, e (formale) del possesso di una valida fattura redatta conformemente alla normativa IVA.
É da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni.
Tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno.
Pertanto, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato nell’anno in cui il soggetto passivo, essendo venuto in possesso del documento contabile, annota il medesimo in contabilità, facendolo confluire nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre del periodo di competenza.
Qualora sia decorso il termine di presentazione della dichiarazione, è possibile correggere l’errore o l’omissione presentando una dichiarazione integrativa “a favore” entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria.
In ogni caso la detrazione deve essere esercitata alle condizioni esistenti nel periodo di imposta in cui l’IVA è divenuta esigibile, a prescindere dal momento in cui è effettivamente esercitata.
In proposito, precisa che per le prestazioni di servizi (come nel caso di specie), ai fini IVA l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo; tuttavia, qualora prima di tale evento sia emessa la fattura, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data della fattura.
Inoltre, rispetto al momento in cui è stato riscontrato l’errore di fatturazione, risulta trascorso ben più di un anno previsto per la correzione.
Ne consegue, che nel caso esaminato non è possibile emettere oggi una nota di variazione in diminuzione riferita ad operazioni e relative fatture del 2017.
In merito alla posizione del committente, che non ha esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che avendo avuto conoscenza delle fatture soltanto nel 2020, può procedere al recupero dell’imposta di rivalsa da versare al prestatore, registrando le fatture in contabilità, e facendo confluire l’imposta nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2020.
Ad oggi, essendo trascorso il termine di presentazione della dichiarazione annuale, nel presupposto che sia stata validamente presentata, il recupero dell’imposta può essere effettuato tramite la dichiarazione integrativa a favore.