Un cittadino italiano, distaccato all’estero e rientrato in Italia dal 2021 con un nuovo contratto di lavoro proposto dalla stessa società che lo aveva distaccato, non può fruire delle agevolazioni Irpef previste dal regime sugli impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, qualora la posizione lavorativa assunta al rientro è in sostanziale continuità con la precedente, circostanza ostativa alla fruizione dell’agevolazione (Agenzia entrate – risposta 07 ottobre 2021, n. 683). Per fruire del regime dei lavoratori impatriati, introdotto dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e che è stato oggetto di diverse modifiche normative, è necessario che il lavoratore: Sono inoltre destinatari del beneficio fiscale i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che: L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio, a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, e per i quattro periodi di imposta successivi. Per accedere al regime speciale, la normativa presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro. Con riferimento ai contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente precisato che non spetta il beneficio fiscale nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una nuova attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Al riguardo, l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un nuovo contratto per l’assunzione di un nuovo ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio. Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal nuovo ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio. A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale: – il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale; – il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione; – l’assenza del periodo di prova; – clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo; – clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco. Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame. Con riferimento al collegamento tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e lo svolgimento dell’attività lavorativa nel territorio dello Stato, è stato precisato che deve essere ravvisabile un nesso causale tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa per la quale il regime speciale prevede una tassazione agevolata dei redditi prodotti in Italia. Al riguardo, l’art. 2 del TUIR dispone che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile, che definisce la residenza come il luogo di dimora abituale e il domicilio come la sede principale dei propri affari e interessi. Le suddette condizioni sono tra loro alternative, pertanto, la sussistenza, per la maggior parte del periodo d’imposta, anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.