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Compensi per docenze percepiti da socio di studio associato

21 Luglio 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, ai fini IRPEF, il compenso percepito da un associato di uno studio professionale per attività di docenza presso una università estera e riversato allo studio associato costituisce reddito personale dell’associato, qualificabile come reddito di lavoro assimilato a quello di lavoro dipendente (Risposta 20 luglio 2021, n. 489).

Il caso sottoposto all’esame dell’Agenzia delle Entrate riguarda il trattamento fiscale applicabile al compenso derivante da un contratto di docenza stipulato dall’associato di uno studio professionale con una università estera e riversato al medesimo studio.
In dettaglio, il dottore commercialista esercita la professione (senza partita IVA) in qualità di socio di uno “studio legale”, costituito nella forma giuridica di studio associato di assistenza e consulenza. Sotto il profilo fiscale lo studio associato, in quanto associazione senza personalità giuridica costituita fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di professioni, è equiparato alla società semplice.
In base alle regole statutarie dello Studio, gli associati prestano la propria opera professionale, in essa compresa anche quella che potrà essere svolta, previa autorizzazione ai sensi dello Statuto, in relazione a conferenze, incarichi giudiziari, societari, arbitrali e di altra natura, unicamente nell’ambito dell’Associazione e nell’interesse, anche economico, dell’Associazione medesima. L’associato è a riversare allo Studio tutti i redditi da lui percepiti (tra i quali ad esempio docenze nelle materie correlate alla attività svolta presso lo studio).
In proposito, l’associato ha sottoscritto con una Università estera un contratto di docenza della durata di 1 mese per svolgere attività di insegnamento presso la sede dell’università all’estero. Per tale attività l’associato ha percepito un compenso accreditato su un conto corrente personale, attivato per lo scopo presso un istituto di credito nello Stato estero. Successivamente ha riversato l’intero compenso allo Studio associato.

In base alla disciplina dei redditi in forma associata, le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici.
Ai fini delle imposte sui redditi, si tratta di una sostanziale equiparazione delle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni alle società semplici, in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi (esercizio in comune di un’attività produttrice di reddito, volontà contrattuale di dividere gli utili e conferimento di beni e servizi).
I redditi scaturenti dall’esercizio in forma associata di arti e professioni sono ricompresi nel novero dei redditi di lavoro autonomo.
Il reddito di lavoro autonomo prodotto dallo studio associato va imputato ai singoli associati, quale reddito di partecipazione indipendentemente dalla percezione effettiva, e proporzionalmente alle rispettive quote di partecipazione agli utili, secondo le modalità di ripartizione stabilite nello statuto.
All’associazione è riconosciuta una soggettività passiva ai fini dell’IRAP e dell’IVA, in quanto rappresenta un autonomo centro di determinazione del reddito destinato ad essere ripartito tra gli associati ai fini della tassazione.
Nel delineato schema l’assistenza al contribuente viene svolta dal singolo professionista, mentre la fattura per il compenso viene emessa dallo studio, titolare di un proprio codice fiscale (partita IVA) autonomo rispetto a quello (eventuale) dei singoli professionisti associati.
I compensi percepiti dall’associazione a loro volta sono soggetti alla ritenuta d’acconto se corrisposti da un sostituto e le ritenute d’acconto subite dall’associazione vengono attribuite agli associati con lo stesso criterio di ripartizione degli utili.

Nel caso esaminato l’Agenzia delle Entrate ha valorizzato la natura strettamente personale delle pattuizioni contrattuali, tra l’associato e l’università, per lo svolgimento dell’attività di docenza.
Secondo l’Agenzia delle Entrate elementi quali la personalità delle mansioni di docenza erogate e la rispondenza a determinati standard sottoposti a controllo, la riferibilità delle stesse alla figura dell’associato con cui l’Università estera ha sottoscritto direttamente il contratto, l’erogazione diretta del compenso all’istante attraverso l’accredito nel c/c aperto nello Stato estero – ostano alla configurazione della docenza quale prestazione resa dallo studio in forma associata, e portano invece ad inquadrare il compenso percepito dall’associato nell’ambito dei redditi assimilati al lavoro dipendente (somme … valori in genere … percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo), assoggettati a tassazione in capo all’associato.
Dunque, l’attribuzione degli emolumenti all’associato si traduce nel materiale ingresso degli stessi nella sua reale disponibilità, integrando in tal senso il presupposto per l’applicazione dell’IRPEF, costituito dal possesso dei redditi rientranti nelle categorie di cui all’articolo 6 del TUIR.
Rispetto a tale circostanza, l’obbligo di riversamento allo studio assume rilievo esclusivamente nei rapporti interni tra l’associato e lo Studio.
Pertanto, con riferimento al caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i compensi percepiti per l’attività di docenza (saltuaria) siano imponibili in capo all’associato ed ai fini IRPEF quali redditi assimilati al lavoro dipendente a nulla rilevando gli obblighi di riversamento allo studio.

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