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Chiarimenti sulle sanzioni in caso di omessa o tardiva denuncia di infortunio

10 Settembre 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

L’Inail fornisce chiarimenti in merito al regime sanzionatorio per la violazione dell’obbligo di denuncia degli infortuni prognosticati non guaribili entro tre giorni il cui accertamento è di competenza dell’Inail.

L’obbligo di denunciare gli infortuni sul lavoro ai fini dell’assicurazione obbligatoria è stabilito dall’articolo 53 del DPR 30 giugno 1965, n. 1124, in base al quale il datore di lavoro deve presentare all’Inail la denuncia per tutti gli infortuni accaduti ai lavoratori che siano prognosticati non guaribili entro tre giorni, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità. Le stesse disposizioni si applicano anche ai soggetti assicuranti della gestione Agricoltura, per la quale i contributi assicurativi sono riscossi in forma unificata dall’Inps con riguardo alle persone tutelate indicate all’articolo 205 del medesimo decreto.
Dal 16 marzo 2000 per gli operai agricoli a tempo determinato e per i lavoratori agricoli autonomi, per i quali in precedenza era previsto che il certificato rilasciato dal medico che presta la prima assistenza valesse anche come denuncia dell’infortunio, l’obbligo della denuncia è a carico rispettivamente del datore di lavoro e del titolare del nucleo di appartenenza dell’infortunato.
La denuncia dell’infortunio deve essere presentata entro due giorni da quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e dal 22 marzo 2016 deve essere corredata dei riferimenti al certificato medico già trasmesso all’Inail per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio.
Per gli infortuni mortali e gli infortuni per i quali ricorre pericolo di morte, la denuncia deve essere effettuata entro ventiquattro ore dall’infortunio.
L’Inail ricorda, poi, che dal 1° luglio 2013 la denuncia di infortunio (nonché la denuncia di malattia professionale e di silicosi e asbestosi) deve essere presentata esclusivamente tramite gli appositi servizi telematici predisposti dall’Istituto. Per i datori di lavoro della gestione Agricoltura l’obbligo della denuncia di infortunio telematica è stato stabilito dal 1° ottobre 2018.
L’obbligo della denuncia tramite i servizi telematici non si applica ai datori di lavoro per gli infortuni accaduti ai lavoratori domestici e ai datori di lavoro non imprenditori per gli infortuni occorsi ai lavoratori occasionali.
Questi datori di lavoro devono inviare la denuncia tramite Pec alla Sede Inail competente, o se sprovvisti di Pec, per posta.
Per quanto riguarda il termine di due giorni per presentare la denuncia di infortunio, il giorno iniziale da cui esso decorre è quello successivo alla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto dal lavoratore, in adempimento dell’obbligo stabilito dall’articolo 52, comma 1, del DPR n. 1124, il numero identificativo del certificato di infortunio trasmesso all’Inail dal medico o dalla struttura sanitaria che presta la prima assistenza, nel quale sono specificati la data di rilascio e i giorni di prognosi.
Relativamente al termine di scadenza, se trattasi di giorno festivo esso slitta al primo giorno successivo non festivo. Nei casi di lavoro settimanale articolato su cinque giorni lavorativi, il sabato è considerato normale giornata feriale.
Per gli infortuni inizialmente prognosticati guaribili entro tre giorni da quello dell’infortunio (franchigie), per i quali la prognosi si prolunga al quarto giorno, il termine per la denuncia decorre dal giorno successivo alla data di ricezione dei riferimenti dell’ulteriore certificazione medica di infortunio che accerta la mancata guarigione nei termini di franchigia.
L’Inail è tenuto a istruire il caso di infortunio non solo a seguito del certificato medico di infortunio trasmesso dal medico e/o della denuncia di infortunio presentata dal datore di lavoro, ma anche su segnalazione del lavoratore, dei patronati che li assistono, nonché dell’Inps, nei casi in cui emerga che l’evento lesivo è da configurare come infortunio o infortunio-malattia avvenuto in occasione di lavoro.
Nei casi suddetti, le Sedi dell’Inail che hanno ricevuto il certificato medico sono tenute a chiedere al datore di lavoro di presentare la denuncia di infortunio per il proseguimento dell’istruttoria.
Nel caso in cui si accerti che il datore di lavoro non aveva avuto notizia dell’infortunio e non era a conoscenza dei riferimenti del certificato medico, il termine di due giorni decorre dalla data di ricezione da parte del datore di lavoro della richiesta della denuncia di infortunio, che viene trasmessa dalla Sede competente via Pec o per posta in caso di constatata assenza di Pec.
Fuori dai suddetti casi (presenza di un certificato medico d’infortunio rilasciato al lavoratore e/o richiesta di denuncia da parte della Sede Inail), non è ravvisabile in capo al datore alcun obbligo di presentazione della denuncia di infortunio.
Per i casi di malattia-infortunio da Covid-19 la violazione dell’obbligo di presentazione della denuncia nei termini di legge presuppone che il datore di lavoro sia a conoscenza che l’evento è qualificabile come infortunio sul lavoro anziché come malattia di competenza dell’Inps, pertanto il termine decorre sempre dal giorno successivo alla data di ricezione dei riferimenti della prima certificazione medica di infortunio che attesta che l’astensione assoluta dal lavoro è riconducibile al contagio.

Per quanto riguarda il regime sanzionatorio, l’articolo 53, ultimo comma, del predetto decreto, in vigore fino al 14 gennaio 1994, stabiliva in caso di denuncia omessa, tardiva e incompleta la pena pecuniaria dell’ammenda. A seguito della depenalizzazione operata dalla legge 28 dicembre 1993, n. 561, dal 15 gennaio 1994 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria. Dal 1° gennaio 2007, l’importo della sanzione per la violazione in parola è da 1.290,00 a 7.745,00 euro.
La violazione dell’obbligo di presentare la denuncia di infortunio (nonché di malattia professionale e di silicosi e asbestosi) rientra nell’ambito di applicazione della diffida obbligatoria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, che opera quale condizione di procedibilità nelle ipotesi di illeciti amministrativi che risultano accertati e provati e se le inadempienze risultano sanabili. Sono da ritenersi “sanabili” le violazioni amministrative relative ad adempimenti omessi, in tutto o in parte, che possono ancora essere materialmente realizzabili, anche qualora la legge preveda un termine per l’effettuazione dell’adempimento (illeciti omissivi istantanei con effetti permanenti).
La citata circolare ministeriale ha chiarito, inoltre, che la diffida obbligatoria si applica anche nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia, ancor prima dell’adozione della diffida, posto in essere il comportamento dovuto, sia pur tardivamente. In tale circostanza infatti – analogamente a quanto avviene in materia di prescrizione obbligatoria – risulterebbe incongruo penalizzare chi effettua comunque un adempimento dovuto oltre il termine previsto rispetto a chi lo ometta totalmente. Tale fattispecie inoltre rientra, seppur latamente, nella nozione di sanabilità in quanto la finalità tutelata dalla disposizione viene comunque salvaguardata mediante un comportamento posto in essere volontariamente dal trasgressore. Evidentemente, in tale ipotesi, non si avrà un vero e proprio atto di diffida ma un accertamento della condotta posta in essere e conseguente ammissione al pagamento della sanzione ai sensi dell’articolo 13 del decreto (diffida ora per allora).
Pertanto dal 27 maggio 2004 il personale ispettivo per le inadempienze rilevate applica la procedura di cui ai commi da 3 a 5 del citato articolo 13 del DLGS 124. In particolare il comma 3 prevede che il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido, in caso di ottemperanza alla diffida, è ammesso al pagamento di una somma che, per le sanzioni non stabilite in misura fissa come quella di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), della legge n. 561 del 1993, è pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge, quindi a 1.290,00 euro. Il pagamento di tale somma (sanzione “minima”) estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.
Dal 25 agosto 2007, a seguito dell’estensione del potere di diffida anche al personale degli Istituti previdenziali, la diffida obbligatoria, con ammissione al pagamento della predetta sanzione amministrativa nella misura del minimo, deve essere emessa anche dai funzionari amministrativi dell’Inail per le inadempienze da essi rilevate.
Successivamente, l’articolo 33 della legge 4 novembre 2010, n. 183 nel riscrivere integralmente l’articolo 13 cit., in tema di titolarità del potere di diffida, ha confermato le attribuzioni previgenti sia agli ispettori di vigilanza che ai funzionari amministrativi degli Istituti previdenziali.
Le sanzioni in parola devono essere pagate tramite il modello F23 utilizzando i codici tributo appositamente previsti.
Qualora il trasgressore non provveda a sanare l’illecito e a pagare entro i termini previsti la sanzione ridotta, i funzionari amministrativi dell’Inail e gli organi di vigilanza che hanno rilevato l’inadempienza e attivato il procedimento sanzionatorio devono fare immediatamente rapporto al competente Ispettorato territoriale del lavoro, trasmettendo tutta la documentazione utile.
L’Ispettorato, verificata la ricorrenza dei presupposti di legge, provvederà all’emissione dell’ordinanza – ingiunzione e alla gestione delle fasi successive previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, fino all’eventuale iscrizione a ruolo delle somme dovute.
Per la violazione dell’obbligo di cui all’articolo 53, la sanzione ridotta è di 2.580,00 euro, pari al doppio del minimo della sanzione edittale.

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