In merito all’applicabilità del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, forniti chiarimenti sulla ricerca commissionata da soggetti non residenti (Agenzia delle entrate – Risposta 29 dicembre 2021, n. 874). L’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, al comma 1 riconosce un credito di imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, «a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019».
In relazione alla ricerca commissionata, la misura agevolativa in esame è rivolta ai soggetti che svolgono attività di ricerca eleggibile sostenendo i relativi costi e che si avvalgono degli eventuali relativi risultati, assumendosi il rischio per l’attività svolta; di conseguenza, è da escludere che il credito spetti alle imprese che svolgono attività di ricerca su commissione di terzi, atteso che in tal caso l’impresa commissionaria in realtà non sostiene i relativi costi, in quanto li riaddebita, in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, al committente che ne sostiene l’onere.
Inoltre, nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello Stato italiano, ad una impresa residente o alla stabile organizzazione di un soggetto non residente, né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde possono beneficiare del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo.
A decorrere dal 1° gennaio 2017, l’articolo 1, comma 15, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha inserito il comma 1- bis nel corpo dell’articolo 3, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145.
Ai sensi del citato comma 1- bis, «Il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996».
In sostanza, per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2017 sino al 31 dicembre 2019, il soggetto commissionario residente che “esegue attività di ricerca e sviluppo” per conto di committenti non residenti viene ad essere equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che “effettua investimenti” in attività di ricerca e sviluppo.
Come noto, l’articolo 1, comma 198, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) prevede che «per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206».
La nuova disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2020, applicabile agli investimenti realizzati a partire dal 1° gennaio 2020, ha sostituito la precedente, anticipandone, di fatto, di un anno la cessazione (precedentemente prevista per il 31 dicembre 2020).
Nel corpo della nuova disciplina, per una precisa scelta del legislatore, non è stata riproposta alcuna disposizione che, analogamente a quanto previsto in precedenza dal citato comma 1- bis, estenda l’applicazione del credito d’imposta alle attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti. In tal senso, la relazione tecnica alla legge di bilancio 2020 precisa che «a legislazione vigente, il credito d’imposta R&S (che viene abrogato dalla proposta normativa) assicura ai contribuenti la possibilità di fruire dell’agevolazione per le spese in R&S commissionate dall’estero (Inward BERD). La nuova formulazione del credito di imposta esclude invece tali spese».
In conclusione, la mancata riproposizione, nel contesto della disciplina agevolativa applicabile dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, di una norma analoga al citato comma 1- bis non possono ritenersi qualificate ai fini del credito d’imposta in questione anche le attività di ricerca e sviluppo commissionate da soggetti terzi non residenti.